È indubbio che l’omofobia sia diffusa in tutti i Paesi del mondo. In vari casi diviene una vera e propria ossessione che può spingere ad atti criminosi fino all’assassinio. Vorrei però soffermare la mia attenzione su quella che può essere definita una omofobia ideologica. Ricordiamo il castrismo che condannava i gay ad una durissima rieducazione in campi di lavoro non troppo dissimili dai campi di concentramento. Tutte le religioni monoteiste condannando l’omosessualità. Le parole di Bergoglio, sicuramente più umane e comprensive rispetto alla tradizione cattolica, non intaccano una sostanziale condanna. Nell’Islam il problema si presenta in modo molto più grave, dato il suo approccio molto più rigido e cupo nei confronti di tutta la vita sessuale. Ma c’è una questione ancora più grave. L’Islam non conosce divisione tra religione e Stato, tra il “peccato” e il “crimine”. In tutti gli Stati di religione musulmana la condizione dei gay è veramente difficile: in Arabia Saudita e in Iran, rispettivamente Paesi leader della maggioranza sunnita e della minoranza sciita, la condizione dei gay diventa drammatica. Tutti ricordiamo gli impiccati per le strade iraniane colpevoli di omosessualità. L’Isis esaspera la dottrina sunnita più radicale e fa dei gay un obiettivo privilegiato al pari degli ebrei.
La strage compiuta ad Orlando da Omar Mateen non ha dunque solo una valenza psicologica, ma è anche di tipo ideologico. Al di là che si tratti di un lupo solitario o di un affiliato all’Isis, resta il fatto che Mateen aveva dichiarato la sua fedeltà al Califfo. C’è stata inoltre una precisa rivendicazione da parte dell’Isis e molti siti islamici o islamisti hanno inneggiato al massacro di Orlando come al più bel regalo per il Ramadan. Il politicamente corretto impediva nel ’68 e dintorni di parlare di omofobia castrista anche al mondo gay generalmente orientato a sinistra. Oggi il “politicamente corretto ” spinge le associazioni gay, giustamente scese in piazza, a ridurre il massacro di Orlando ad un atto di follia omofobica e a minimizzare la portata ideologica. E questo non fa bene alla causa gay e ben che meno alla verità.
Umberto Piersanti
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