Il nuovo libro di Umberto Piersanti (Campi d’ostinato amore, La nave di Teseo, 2020) è complesso, elegante, speciale. Il filo conduttore che lega indissolubilmente tutte le sezioni (Il passato è una terra remota, Jacopo, In una selva separata, Vicende, L’età breve, Primavera bugiarda) rendendole un corpo unico e solido, è il mondo delle Cesane, che ancora una volta alimenta l’ispirazione del poeta e la sua passione per la vita. Passione per la vita che questi versi rendono perfettamente:
era l’ora perfetta, / luminosa, / luminosi quei due/ lungo la strada
Rispetto alle raccolte precedenti qui è molto più forte la presenza del tema dell’infanzia, rivissuta attraverso una tensione costante, veicolata da epifanie molto diverse da quelle di un preromantico inglese come William Wordsworth, che ricercava un’armoniosa quiete, una tranquillità del cuore. Numerose sono le immagini che illustrano il mondo della natura, descritta con dovizia di particolari, dai fiori con i loro colori agli alberi, dagli insetti agli animali che popolano i boschi. Si tratta di una bellezza di tipo assoluto, ma non viene concessa alcuna possibilità a tentazioni di tipo ecologista, dalle quali Piersanti si è sempre mantenuto ben lontano. A volte, piuttosto, la natura diventa una madre spietata:
[….]
ho visto
il falco in volo
con la serpe
trafitta nella gola
dai curvi artigli,
l’estremo pigolio dell’uccelletto
che la biscia verdastra
afferra e ingoia,
[….]
La presenza dei genitori e delle sorelle del poeta in questo scenario di natura dal sapore antico, ha il colore del rimpianto per un tempo irrimediabilmente perduto. Come ha bene sottolineato Roberto Galaverni, si tratta della perdita di un Eden, che, ad esempio, si può rintracciare leggendo la poesia Greppi:
[.…]
greppi, non burroni,
colli o fossi,
greppi amati
dove con la sorella per la mano
colsi il muschio gelato
del dicembre
in un’età remota
così remota
che il sogno non uguaglia,
[….]
Il tema è quello della natura, degli avi, dei campi; le Cesane rappresentano il paradiso perduto nel quale l’avventura esistenziale e poetica è iniziata, ma è ancora talmente vivo da nutrire nel ricordo un’ispirazione straordinaria. L’infanzia, che Piersanti stesso ha definito età aurorale, è quel periodo caratterizzato dallo stupore. È proprio l’infanzia a nutrire ancora la vita presente, conferendole un significato profondo. Nessuno manca all’appello: la madre, le sorelle, i soldati di un tempo remoto, descritti con immagini trasfigurate o talora realistiche attraverso aggettivi che danno una concreta solidità alle memorie:
[….]
forse l’austriaco
bussa a una porta,
nessuno che gli apra,
che lo nasconda,
che panni da borghese
gli regali,
la sorella lo pensa
mentre prepara
i tagliolini in brodo
per la Liberazione.
[….]
In questo scenario di Eden perduto non mancano, come si vede, accenni forti alla realtà storica (della quale Piersanti è un grande conoscitore) che ha caratterizzato gli anni dell’infanzia. La guerra, il cui ricordo viene rivissuto alla luce delle esperienze familiari, assume le caratteristiche del sogno che deve comunque fare i conti con la dura realtà di quegli anni. La memoria che sconfina nel sogno non impedisce all’occhio interiore, l’io soggettivo del poeta, di essere vigile:
[….]
ma quel tempo,
no,
non pensarlo gentile,
stride la sirena
dentro l’aria,
la porta del rifugio
è bassa e storta,
la porta del rifugio
è d’oltretomba
[….]
C’è poi l’età dell’adolescenza, nella quale ritornano i riferimenti agli eroi omerici, già presenti nelle raccolte precedenti, nei quali il giovane poeta sembra identificarsi
l’acheo sbarcato nella Colchide/ in quella terra brumosa e sconfinata/ dai compagni non fu mai/ lasciato solo
Ma il momento lirico più alto viene raggiunto quando il canto della patria poetica incontra la vicenda del figlio Jacopo in Campi d’ostinato amore, la poesia che dà il titolo alla raccolta:
I cori che vanno eterni/ tra la terra e il cielo, /ma tu li ascolti/ Jacopo quei cori?
Il tema di Jacopo assume in questa raccolta valenze diverse. Dopo La giostra Piersanti aveva descritto la dolorosa quotidianità del figlio in altre poesie, ma questa volta ne scrive due (Jacopo sul palco e Jacopo ormai grande) inserendo nel titolo il nome proprio. L’elfo inconoscibile e distante di Nel tempo che precede(Einaudi,2002) aveva già subito un’evoluzione in Nel folto dei sentieri (Marcos y Marcos,2015) ma ora è diventato un essere speciale. Il poeta lo considera “vittima di un sortilegio” e lo descrive nelle sue impegnative esperienze di ogni giorno, alle quali Piersanti si trova ad essere legato indissolubilmente:
[….]
Jacopo delle corse
e dei dolori,
Jacopo del riso
e dello sconforto,
sei nella vita
quella svolta improvvisa
che non t’aspetti,
la tragica bellezza
che i tuoi giorni inchioda
al suo percorso
[…..]
Le due poesie costituiscono insieme a Campi d’ostinato amore la sezione più ricca di significati. Non è un caso che questa lirica dia anche il titolo alla raccolta, infatti racchiude in sé i temi più cari all’autore, il figlio e il mondo delle Cesane, insieme all’archetipo del tempo:
[.…]
e il mio ginocchio che si piega
e cede
a quei campi amati
d’un amore ostinato,
sbarra l’entrata
[….]
Nell’ultima sezione, Primavera bugiarda, arriviamo ai giorni nostri, a questo periodo di reclusione ed incertezza. È questo il tempo più difficile da accettare: il trascorrere dei giorni senza un perché e senza una meta, il tempo tiranno shakespeariano, che lascia spazio solamente alla fatalità. Il poeta è chiuso in casa a causa della pandemia e non può godere del contatto con le piante, i fiori, il mare. Rimpiange addirittura le immagini della natura inquinata, aspetto questo che testimonia ancora una volta il suo distacco da posizioni ecologiste esasperate. Il poeta non accetta di dovere assistere allo scorrere delle giornate che inevitabilmente passeranno senza essere vissute pienamente. È questo il suo rammarico più grande:
[….]
primavera bugiarda
che gli umani serra
dietro sbarrate porte
e di veleni insozza
persone, erbe e oggetti
è questo tempo tutto
fuori stagione,
un tempo che ti rapina
i giorni e l’ore,
e tu rimpiangi i suoni
che detesti,
i trapani nei muri,
l’acque scure,
il cielo polveroso,
i giorni inconsapevoli,
felici
d’un’altra primavera
che porti dentro,
dentro nel sangue
[…..]
Emanuela Capodarco