Ve lo ricordate Diego Fusaro, il ragazzetto infiocchettato e ultrafirmato disquisire alla televisione e altrove dei grandi meriti di Stalin e della tragedia causata al mondo dalla caduta del muro di Berlino? Bene, l’odio anti borghese del piccolo filosofo lo porta a preferire la vittoria della Le Pen nelle elezioni presidenziali francesi. Non importa l’origine petainista, il nazionalismo esasperato, il rifiuto dell’identità e della tradizione europea: l’importante è essere sempre e comunque contro il “capitalismo” e la “democrazia borghese”. I venti e più milioni di morti procurati dalla tirannide staliniana, gli orrori dei Khmer rossi, la spietata dittatura nordcoreana, sono ben poca cosa rispetto al capitalismo e ad un’ambigua ed ingannevole incarnazione dello stesso come la socialdemocrazia.
Fusaro è degno erede di quella intellettualità italiana che è stata prima fascista, poi stalinista ed infine innamorata di quella rivoluzione culturale cinese che, secondo gli stessi dati del ministero degli interni cinese, ha procurato all’incirca settanta milioni di morti. La differenza sta nel fatto che Fusaro si presenta meglio, usa un eloquio aggiornato e confuso tipico del populismo contemporaneo, si affida alle mode dell’eterodossia e dello stupore purché queste abbiano un impatto su un pubblico o incolto o tendenzialmente snobistico.
Ho discusso con lui al Festival Futura di Civitanova: si parlava dell’Africa. Fusaro parlava dell’asservimento dei nuovi leader africani al capitalismo europeo e americano, ma non sapeva nulla della presenza sempre più importante, massiccia e pervasiva della Cina nel continente nero. Le sue erano verità ideologiche fisse e precostituite.
Difendere lo stalinismo e il muro di Berlino significa offendere le vittime del despota georgiano e la memoria di tutti quelli che sono stati falciati nel tentativo di oltrepassare quel muro.
Non è poi così banale dire che gli estremismi si congiungono: il fatto che un filosofo della sinistra modaiola venga a preferire Le Pen su di ogni altro candidato “borghese” o “revisionista” lo dimostra.
Quel che fa specie è il peso che questo infiocchettato ragazzetto sta avendo in vari programmi televisivi e in alcuni festival culturali. In particolare tra la Romagna e le Marche, da Misano a Civitanova: i vari direttori, tutti rigorosamente di sinistra, alcuni magari apparentemente riformisti del Pd, fanno a gara nell’invitarlo ogni anno. Si tratta di un provincialismo mediocre, attratto dai fenomeni più banali e modaioli dei nostri anni.
E’ vero che nei nostri giorni chi trova il modo di stupire viene sempre ossequiato dagli incolti potenti di turno. Chissà se basterà il pronunciamento di Fusaro a favore della Le Pen a fare aprire gli occhi agli assessori e ai direttori di festival della sinistra sulla vera natura di questo contemporaneo “rivoluzionario marxista”?
Umberto Piersanti