Plinio Perilli (Roma 1955) è a tutti gli effetti un canzoniere d’amore, come sanno molti affezionati lettori sin dai tempi di Ragazze italiane, un racconto in versi datato 1990. La sua poesia si alimenta di un’energia vitale, di uno slancio solenne, di un’armonia con il tempo e con la storia cantati nel sentimento più nobile che si conosca. La tematica e la tonalità si profilano sempre come una creazione sensibile e assoluta che risuona nella scintilla di un sogno infinitamente grande. Gli amanti in volo (Pagine 2014) raccoglie testi scritti dal 1998 al 2013. Nella copertina è riprodotta un’opera di Marc Chagall con il suo stile inconfondibile, con un fauvismo onirico, un rilevamento surrealista, una forma creaturale e spirituale di uomo e donna abbracciati e protesi nel cielo a toccare un orizzonte invisibile, evanescente. Aspetti, questi, che puntualmente ritroviamo nella parola di Perilli, tra slanci, pause, accensioni, tremori, abbagli, incanti. Il lirico dell’amore scrive: “Sei bella e donna e questo / piace al mondo… Ma il tuo / mondo sei tu, arroccato d’affetti. / Se la danza è tutta in uno sguardo, / oggi fraterno tu riplasmi il mondo”.
Paolo Lagazzi, nella bandella del libro, annota di un’eco che risale ai grandi canzonieri di sempre: Dante, Petrarca, Leopardi. Il romanzo sentimentale dei giorni di Perilli, scanditi come in un calendario, è innervato di un “pathos ascensionale” che dei sommi poeti ripercorre la mitizzazione. Le mani verso l’altro includono, nel gesto, un “tepore buono”, un “sole irradiato”. Quella di Perilli è una scrittura agonistica in un cui le atmosfere si uniscono in un tempo sospeso, arioso, in un desiderio che osserva la bellezza come dono, in una rivisitazione della fiammella vitale. “Tu dal letto mi parlavi il risveglio, / assonnata ancora celebravi un rito. Corpo / caldo e sbadigli, labbra impastate di sogni…” O ancora: “Ha i colori, l’amore – li ritrova e li perde… / Tutti dentro di sé, ma specchiati alla luce”. E’ ancora Lagazzi a farci intendere, nella sua post-fazione, che questa poesia ricorda le movenze sinuose dei romanzi alessandrini o dell’epica cortese. Plinio Perilli si rivolge all’amore non solo decantandolo, in un’oasi di idealizzazione, ma fa dell’abitudine ad amare una prassi tenera e delicata. Le carezze sono la metafora di un mondo che si vorrebbe rafforzato dai sensi più che dall’avere, da un moto interiore più che da una rincorsa fatua al possesso. La realtà del poeta è appunto ascesa, perché l’amore non si giudica, non è sentenziabile, “decolla ad ogni bacio”. Torna Chagall con gli amanti in volo nell’impero dell’anima, in un’alcova tra le nuvole, in una pensierosa modella, in un metaforico asteroide che attraversa lo spazio. Il volo e la leggerezza appartengono ad una dimensione gioiosa, al pari del grande amore che incarna una felicità senza peso. In molti quadri di Chagall ricorre l’immagine degli sposi, che immaginiamo anche nella poesia di Perilli: “Quando il cielo non occorre invocarlo, / abbracciarlo d’aria, esaltarlo d’azzurro. / Come un quadro – il più bello! – ammirato / da tutti, e quindi mai dipinto”. Perché l’amore è una concatenazione metamorfica di assonanze che vanno colte di volta in volta. E quindi è anche un abbozzo da trasformare in una prospettiva mediante l’uso della sensorialità.
Alessandro Moscè