di Davide D’Alessandro
Papa Francesco ha sperimentato che a un pontefice non è consentito parlare in libertà. Deve misurare virgole e respiri. Se dice che darebbe un pugno a chi dovesse offendere la madre, concede inesorabilmente spazio all’ambiguità e alla polemica. Non bastano le parole del Vescovo Bruno Forte per spiegare che il Papa non voleva incitare alla violenza, ma invitare al rispetto di tutte le religioni. La satira è o non è. Non la si può accettare con i se e i ma e le religioni, tutte le religioni, possono essere prese in giro senza che alcuno possa sentirsi in dovere di vendicare alcunché. Non c’è alcun Dio da vendicare. Non si vendica l’amore, se è amore. Chi è morto ammazzato dentro quella redazione parigina non è andato a cercarsela, come non vanno a cercarsi la violenza le donne che indossano minigonne mozzafiato. Attenzione a concedere alibi e sponde. Tra l’altro, se non fossero state parole in libertà, il Papa avrebbe dovuto dire che alle offese, alle ingiurie, si risponde con il diritto, affidandosi alla Legge, mai con un pugno, mai con la giustizia fai da te. Il vignettista Vincino non si è fatto scappare l’occasione e sul “Foglio” ha disegnato Papa Francesco che, dal balcone di San Pietro, dice alla folla: “Quando tornate a casa, date un pugno ai vostri figli e ditegli: questo è il pugno del Papa”. Quereliamo, spariamo o diamo un pugno anche a Vincino? Noi ridiamo. E basta.