Ci sono luoghi che hanno una loro sacralità totale, non necessariamente di tipo religioso. Uno di questi è il “Colle dell’Infinito”, forse il più mitico degli spazi nella storia della poesia italiana. In questo colle c’è una casa colonica ottocentesca dunque perfettamente integrate in quel magico paesaggio che si apriva dinanzi agli occhi del grande recanatese. Poteva essere una casa malmessa, magari degradata: bastava ristrutturarla in maniera decorosa mantenendone l’impianto e la struttura. Invece la si trasforma in una country house con parcheggio sotterraneo. La signora Dalla Casapiccola, proprietaria dell’immobile, è riuscita nel suo intento nonostante l’opposizione della Sovrintendenza, di tutte le associazioni ambientaliste e della famiglia Leopardi. Le colpe sono di quella Recanati che si dimostra ancora “natio borgo selvaggio” con un’amministrazione comunale che non aveva mai posto un vincolo di non edificabilità totale e del consiglio di Stato che con miopia ultra leguleia e incolta non ha trovato una maniera per salvare un bene importante della nostra identità nazionale. Ridicolo affermare che la ristrutturazione in country house non alteri il paesaggio come sostiene l’ineffabile avvocatessa della signora Dalla Casapiccola: anche a Urbino c’era un vecchio silos anni ’30 che trasformato in centro commerciale è divenuto un eco mostro sotto le mura. Disturba inoltre il silenzio o la sottovalutazione di questa ignominia portata avanti dalla stampa e dalla Rai regionale: in queste ore sono stati intervistati dai Rai 3 due sprovveduti passanti, uno a favore della country house e uno contro, ma senza che fossero emersi argomenti degni di nota: uno per parte certo, democrazia populista e al ribasso. Una nazione che non sappia mantenere e difendere la sua memoria storica è una nazione a cui manca molto. Bisogna inoltre comprendere che esiste una necessità estetica che non può essere alterata da nessuna dimensione utilitaristica. Il Colle dell’Infinito deve rimanere come era in quanto è un lascito della nostra memoria collettiva che non può essere impunemente profanato.
Umberto Piersanti