Pubblichiamo l’intervista di Alessandro Moscè a Giovanna Rosadini.
Giovanna Rosadini è nata a Genova nel 1963. Vive a Milano. Ha pubblicato la raccolta Il sistema limbico (Atelier 2008) e altre poesie in riviste e antologie collettive. Per Einaudi ha pubblicato la raccolta Unità di risveglio (2010). Sempre per Einaudi ha curato l’antologia al femminile Nuovi poeti italiani 6, uscita nel 2012. Su questo volume collettaneo l’abbiamo intervistata.
Come è nata l’idea di fare un’antologia al femminile sulla poesia di oggi?
Il motivo di questa scelta, che, non mi stanco di ripetere, è stata una scelta editoriale promossa da Mauro Bersani, editor della Collana Bianca, su suggerimento di Mariangela Gualtieri, è molto semplice: ritenevamo ci fosse una lacuna da colmare in questo senso. A dire il vero, la sensibilità e l’attenzione einaudiane nei confronti delle autrici di poesia sono di lunga data: basti pensare a nomi da tempo in catalogo come quelli di Alda Merini, Patrizia Cavalli, Patrizia Valduga, cui si sono successivamente aggiunti quelli di Gabriella Leto o Silvia Bre, per citarne solo un paio. In tempi più recenti, durante il periodo in cui io stessa ho lavorato in qualità di editor di poesia in Einaudi, hanno cominciato a pubblicare per la Collana Bianca la già citata Mariangela Gualtieri ed Elisa Biagini, voci ormai consolidate del panorama poetico italiano contemporaneo. Tuttavia, nonostante la qualità e la quantità dell’offerta poetica “femminile”, i nomi delle poetesse in catalogo nelle principali collane, quelle storiche degli editori maggiori, o considerate dalle antologie, erano ancora troppo pochi. Come rilevo nella mia nota introduttiva, le autrici di poesia, nel secolo appena trascorso, non sono mancate; eppure, si devono attendere gli anni Settanta e i cambiamenti portati dal movimento femminista, cui si collega tutto uno sviluppo d’iniziative editoriali femminili, per cogliere un mutamento di sensibilità. Se le antologie poetiche del decennio precedente sono, ancora, esclusivamente al maschile, qualche nome femminile comincia a comparire nel decennio seguente, in quelle di Antonio Porta e di Berardinelli-Cordelli, e significativo rimane il lavoro di Biancamaria Frabotta, Donne in poesia, del 1976. Anche se Pier Vincenzo Mengaldo, nell’antologia del 1978 che rimane il più autorevole riferimento per il canone novecentesco, include ahimè una sola poetessa, Amelia Rosselli. Si trattava, dunque, se non di riparare un torto, di dare un segnale di cambiamento.
Perché un lavoro sulle donne e non anche sugli uomini?
L’ho in gran parte spiegato nella risposta precedente. A quanto detto potrei aggiungere che la rilevanza della scrittura femminile (poetica e non) è facilmente constatabile, lavorando in una casa editrice, dove gran parte, se non la maggioranza dei manoscritti che arrivano in lettura sono redatti da donne. Del resto, tutte le autrici da me incluse nei Nuovi poeti italiani 6 erano già note al pubblico specializzato e degli appassionati, quello che segue festival letterari e kermesse teatrali, e il lavoro di riviste (cartacee o virtuali) e blog letterari, oltre che alla critica: diverse fra loro avevano partecipato a premi letterari, vincendo alcuni fra i più prestigiosi. Però tutte e dodici non avevano ancora avuto l’opportunità di arrivare al grande pubblico, uscite com’erano da piccoli, se non piccolissimi editori per lo più di settore, non capillarmente distribuiti in libreria. Curiosamente, poi, osservo come nessuno si sia posto analoga domanda (invertendo i termini) a suo tempo, quando era norma che venissero pubblicate antologie poetiche esclusivamente “al maschile”. Come ad esempio Poesia italiana del Novecento, curata per Einaudi da Edoardo Sanguineti nel 1969, e più volte ristampata senza aggiornamenti. Da notare che stiamo parlando di un editore progressista ed impegnato, e di un curatore che ha avuto un ruolo primario, in qualità di autore, critico, docente e intellettuale, nell’opera di svecchiamento della società letteraria italiana.
Quale fermento registra nella poesia italiana contemporanea, legato alle nuove generazioni? Prevale una tendenza legata alla tradizione, alla poesia lirica, o invece si registra una sterzata verso lo sperimentalismo, se così possiamo ancora definirlo?
Registro una sostanziale continuità, nella produzione poetica italiana contemporanea; la poesia continua a essere scritta, e il gusto per questa forma espressiva a tramandarsi. Rimaniamo, mi pare, un popolo di poeti, prima ancora che di narratori. Il livello qualitativo, anche nei più giovani, rimane alto; diverse sono le sedi che prestano attenzione alla scrittura delle nuove generazioni; mi preme ricordarne almeno alcune, come per esempio “Parco Poesia” e lo spirito di servizio del suo direttore artistico, Isabella Leardini, da sempre mentore dei nuovi talenti poetici, molti dei quali si riconoscono, anche per contiguità anagrafica, nei suoi versi. E la più recente rassegna milanese “Fuochi sull’acqua”, promossa dai giovani e talentuosi Alessandra Frison e Tommaso Di Dio, due fra i poeti più interessanti della generazione entrante, quella dei nati negli anni ‘80, in tal modo definita, nella sua ricognizione e mappatura, da Matteo Fantuzzi, a sua volta valente autore emergente ed editor attento alle nuove realtà. Ma il dialogo fra le generazioni è promosso anche altrove, penso a “Teramopoesia”, dove Daniela Attanasio e Silvio Araclio incoraggiano poeti affermati a presentarne altri più giovani, o alla giovane e motivata redazione di “Atelier”, al lavoro militante svolto da Andrea Temporelli che la coordina. Ancora, alla rubrica mensile tenuta su “Poesia” da Maria Grazia Calandrone, quel “Cantiere” spesso fucina di nuove imprese poetiche. Quanto alla verifica di nuove tendenze, mi sembra che la dicotomia fra “tradizionale” poesia lirica e “sperimentale” poesia oggettivante sia superata, o, quanto meno, nessuno se ne curi ormai più di tanto. Quello che conta è farla, la poesia, con una nuova urgenza comunicativa che fa piazza pulita degli antichi steccati, spesso ideologici, quando non fuorvianti. D’altro canto, l’insofferenza verso questo genere di categorie era da tempo palpabile anche fra gli amici poeti coetanei (anni ’60) o della generazione precedente. Dopo l’ondata (neo)metricista, che ha messo l’accento sulla necessità di riportare la poesia a una secolare sapienza formale, direi che oggi c’è una tendenza alla narratività, aperture verso la prosa e forme ibride in questo senso (penso per esempio al luminoso Dei settantaquattro modi di chiamarti di Anna Ruotolo). E, se devo indicare un’altra tendenza, parlerei di quella per una poesia sociale (come acutamente rileva Fantuzzi nella sua antologia), più che civile, ovvero una poesia che si nutre di relazione con gli altri, con l’altro, e lo fa, spesso, con empatica ironia (come la Giulia Rusconi dei Padri, o la Natalia Paci di Pronta in bilico, che testimonia la vitalità della scena marchigiana). Ma anche la modalità dialogica indiretta dei versi di Franca Mancinelli, che, con grande potenza evocativa ed icastica, riesce a rendere i chiaroscuri e le spigolosità del proprio e dell’altrui animo, tracciando una linea di tensione che porta alle potenzialità rigenerative del sentimento amoroso.
C’è ancora spazio per la poesia, da un punto di vista editoriale?
Sempre meno, purtroppo, a partire proprio da Einaudi, che ha ridotto le uscite poetiche, non più un volume al mese come un tempo; di collane “storiche” vive e vitali, che continuano a monitorare la realtà della scena poetica contemporanea, ne sono ormai rimaste due, la Bianca einaudiana e Lo Specchio mondadoriano. La media e piccola editoria che pubblica poesia è in compenso attiva e vivace, ma, come si è già detto, non sempre riesce a far arrivare ovunque e a tutti la propria voce. Positivo è stato, intorno alla metà di questo primo decennio degli anni Duemila, il ruolo e l’apporto dei blog letterari, che hanno garantito udienza e visibilità anche a chi rischiava di rimanere marginale rispetto alla produzione editoriale cartacea, ma i frutti di quella stagione stanno già declinando nella parcellizzazione autoreferenziale dei social network, Facebook in testa.
Come aiutare i poeti a far conoscere la loro opera al pubblico? E un pubblico della poesia, esiste ancora?
Questo, purtroppo, è un capitolo dolentissimo. A fronte della incredibile quantità di persone che scrivono versi, ve ne sono ben poche disposte a leggerli, valutarli e promuoverli. La poesia, come tutti sappiamo, non è una realtà che muove grandi numeri, e dunque le risorse che le vengono destinate sono limitate. Eppure il pubblico della poesia esiste ancora, eccome. Ne ho avuto conferma in quest’anno di promozione editoriale della nostra antologia: insieme alle amiche poetesse dei Nuovi poeti italiani 6, abbiamo portato il libro in giro per l’Italia, invitate di fatto a tutte le principali manifestazioni letterarie della penisola. Da Pordenone a Napoli, da Roma a Milano, passando per Rimini, Firenze, Macerata e altro ancora. Certo non un pubblico da stadio, ma, sempre, interessato e partecipe, sia quello più preparato sia quello meno. Ad Ancona, dopo la nostra presentazione per “La punta della lingua”, abbiamo assistito alla performance di Luigi Socci al Lazzaretto: gli spettatori erano, in gran parte, veri e propri fan del poeta, di cui conoscevano a memoria versi e battute. Cosa, del resto, che ho constatato anche in altri contesti, e con autori diversi. Che dire, poi, della poesia viva portata nelle scuole? La risposta dei ragazzi è stata, sempre, entusiastica. La poesia non è più la pratica solitaria di leopardiana memoria, ma un organismo vivo che va coltivato e mantenuto, e in cui vanno investite risorse, considerata la sua qualità di bisogno primario.
Alessandro Moscè
Giovanna Rosadini è una donna di grande valore e di grande rigore con qualcosa in più : la generosità che le dettato la scelta coraggiosa di una antologia tutta al femminile .Poco importano le polemiche sul “genere”
mai mosse verso le tante antologie di soli uomini!